Marzamemi sorge in riva al mare, su di una breve sporgenza rocciosa della costa nella estrema punta sud-orientale della Sicilia, nel mare Ionio, fra l’isola di Vendicari e quella di Capo Passero. E’ frazione del Comune di Pachino, ed è nota per la sua tonnara che era la principale fonte di lavoro. Ma per tonnara dobbiamo intendere due cose: la tonnara vera e propria, vale a dire l’apparato di reti che veniva messo in mare ogni anno, in estate ad un miglio marino dalla costa; il complesso a terra comprende la “loggia”, dove venivano squartati i tonni appena pesati, l’ex stabilimento conserviero ed il palazzo del proprietario con tutte le casupole attorno, che servivano di alloggio ai marinai provenienti da altri comuni.

Ha due porti, il porto piccolo e il porto grande che avevano all’imboccatura due isole: l’isola piccola (ora proprietà Brancati) e l’isola grande (ora unita alla terraferma e quindi scomparsa); detti porti hanno alle spalle due pantani, che nei millenni indietro saranno stati porti anch’essi, prima che i detriti del mare li rendessero tali, deliziando così i giovani, che vi disputano ora accanite partite di calcio.
Questi porti, ora rifugio di pescherecci e barche da diporto, avranno certamente ospitato, nell’antichità, battelli di pace e di guerra dei primi popoli navigatori e pirati.
L’origine del nome di Marzamemi non è certa. Secondo il glottologo netino Corrado Avolioil toponimo deriverebbe dall’arabo “marsà ‘al hamam”, cioè rada delle tortore, per l’abbondante passo di questi uccelli in primavera, dove la traversata del canale di Sicilia; secondo altri, invece esso sarebbe la risultante della fusione di due parole marza (porto) e memi (piccolo).
Che si tratti di un paesino incantevole, di uno quei luoghi che prendono l’anima, stanno a testimoniarlo le parole di coloro che, nel corso dei secoli, sono rimasti soggiogati dal suo fascino, come il grande poeta arabo-siracusano Ibn Hamdis, che sostò a Marzamemi nel suo viaggio verso l’esilio africano, dopo la fine della dominazione musulmana dell’isola e ne trasse l’ispirazione per scrivere nuovi, vibranti versi.
Anche Giuseppe Fava, giornalista e scrittore, restò colpito dal silenzio irreale rotto soltanto dal rumore del mare, un’atmosfera magica che si respira in particolar modo nella piazza Regina Margherita, da lui definita “uno spazio astratto emerso da un quadro di Dalì o da una fantasticheria di De Chirico”. Più di recente registi affermati hanno scelto Marzamemi come splendido set naturale per girare i loro film: Klaus Maria Brandauer, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores e i fratelli Taviani.
E’ la parte più antica del borgo che presenta gli angoli più suggestivi, con le stradine da percorrere con la fantasia più che camminando, con le pietre delle case, del palazzo, della chiesetta semi dirutta, modellate dal vento del mare che rende l’aria salubre, gradelìvolmente frizzante e che, come ha scritto il pachinese Vitaliano Brancati, “fa brillare i ciottoli come diamanti”.
La piazza è dominata dalla residenza estiva dei Nicolaci di Villadorata, illustra famiglia il cui capostipite arebbe stato, nel 600, un ammiraglio inglese di origine russa di nome Nicolaus.
I Nicolaci acquistarono il diritto a “calare la tonnara” nel Settecento da un nobile spagnolo e fecero affluire nella borgata tonnatori e avolesi ed esperti calafatari siracusani, che avevano il compito di accudire al “vaccarizzo”.
Ai Nicolaci si deve la costruzione del palazzo patronale (risalente al 1752), della chiesa di San Francesco di Paola, che pur ridotta in pessimo stato conserva un fascino straordinario, per la lavorazione dei tonni e delle casette dei pescatori che contornano il perimetro della piazza.